Mal d’Africa? Jean-Claude Luvini ne sa qualcosa. Dopo i primi anni a Johannesburg, in Sud Africa, si è trasferito in Ticino, terra natìa di suo padre. L’idea di ricostruire un legame con l’Africa, però, non l’ha mai abbandonato.
Jean-Claude Luvini
Nato a Johannesburg da papà ticinese, Jean-Claude è cresciuto in Sudafrica prima di trasferirsi in Ticino. Negli anni ha mantenuto un forte legame con la terra natìa, tanto da desiderare di tornare a viverci. Nel 2010 fonda Masaba Coffee Sagl, che produce e vende caffè proveniente dall'Uganda.
Le origini di Masaba, tuttavia, risalgono a quasi 40 anni fa...
Jean-Claude, hai voglia di raccontarcele?
“Questa storia ha origine negli anni ‘80, quando un gruppo di scout ticinesi, capeggiato da Luigi Gianinazzi, fece un viaggio in Uganda per scopi umanitari. Dopo questa prima esperienza, i ragazzi si affezionarono molto al Paese africano e decisero di offrirgli il proprio contributo diretto: ci ritornarono prima per costruire dei nuovi letti a castello per un orfanotrofio, e poi, anche grazie a dei finanziamenti della Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione svizzera (DSC), investirono nella costruzione di oltre 300 nuovi pozzi d’acqua. Per portare avanti questi progetti, fondarono Act-U, Associazione per la Cooperazione fra Ticino e Uganda.”
E come arrivarono poi a occuparsi di caffè?
“Durante i loro soggiorni africani, i membri di Act-U vennero a sapere che la Bugisu Cooperative Union, la più importante cooperativa ugandese produttrice di caffè, era in grosse difficoltà economiche. Così grazie all’operato di Luigi Gianinazzi, fiduciario di professione, l’associazione raccolse i fondi necessari per rimettere in funzione 6 stazioni per il lavaggio del caffè alle pendici del Monte Elgon, a circa 2’000 metri di altitudine, che erano inutilizzate da tempo. Dopo aver ripristinato i macchinari e formato i contadini locali, Act-U supportò la cooperativa ugandese nella vendita di caffè crudo.”
Ed è a questo punto che nacque Masaba…
“Esattamente: all’inizio degli anni 2000 Luigi Gianinazzi decise di provare a tostare e a vendere il caffè a livello locale, ma anche ticinese e italiano. Per farlo, creò il marchio Masaba, nome che significa “padre ancestrale”, accompagnato da un logo che richiama immediatamente l’Africa. Le vendite in Uganda ottennero subito buoni risultati, mentre in Ticino le vendite rimasero erano limitate ai mercatini e alla cerchia di amici e sostenitori dell’Act-U. L’Associazione rilevò una piccola torrefazione ad Arbedo, ma i suoi membri potevano dedicarsi alla tostatura solo nel loro tempo libero, la sera o nel week-end: troppo poco per garantire una costanza di qualità e servizio ai clienti della ristorazione. Ed è per colmare questa difficoltà che fui invitato a entrare in gioco…”.
Come ti sei avvicinato a Masaba?
“Nel 2010, quando ancora lavoravo nell’ambito delle risorse umane, feci il mio primo viaggio in Uganda per scoprire le sorgenti del Nilo. Durante la spedizione conobbi Luigi Gianinazzi e altre persone di Act-U. Gianinazzi mi parlò del suo progetto di aprire dei Masaba shop in Europa e l’idea mi piacque molto: mi sembrò un ottimo pretesto per mantenere un contatto con l’Africa. Così, nei mesi successivi decisi di rilevare completamente l’attività di Masaba in Svizzera, fondando la Masaba Coffee Sagl. Era un rischio: lasciai tutto per fare un mestiere nuovo, in un settore che non conoscevo, motivo per cui dovetti studiare e aggiornarmi molto. Poi la passione e l’entusiasmo fecero il resto: ed eccomi qui, oggi, a portare avanti questa azienda, cercando di farla apprezzare al pubblico puntando su due punti di forza.”
Quali?
“Sicuramente il fatto di essere un’impresa Fair Trade è molto importante per noi: acquistiamo esclusivamente caffè prodotto in Uganda da contadini locali e abbiamo il pieno controllo sulla filiera. Non abbiamo interesse ad automatizzare i processi, anzi preferiamo che rimangano manuali e prevedano più passaggi possibile: in questo modo diamo lavoro a tante persone, e facciamo l’interesse della cooperativa produttrice. Ma questo non basta: non voglio che i nostri clienti acquistino i nostri prodotti solo perché sono equi e solidali, ma anche perché sono buonissimi!”
Davvero?
“Certo: l’Uganda è da sempre una delle nazioni più rinomate per la produzione di caffè di alta qualità. E mentre solitamente è famoso per la varietà Robusta, noi abbiamo la fortuna che sul Monte Elgon si produce anche un caffè Arabica pregiato, noto a livello internazionale. Avendo a disposizione entrambe le varietà, abbiamo modo di proporre tante soluzioni per accontentare tutti i palati.”
Quali sono i prodotti più rappresentativi?
“Il nostro prodotto più iconico è il Masaba Violet, 100% Arabica, poco tostato con un aroma fruttato, una buona acidità e note di cioccolato e nocciola. Un caffè eccezionale, ma che non tutti amano: per questo, lo mixiamo con la varietà Robusta, più tostata e meno profumata, per dare vita a una miscela più corposa e più “facile” da apprezzare. Unendo le due varietà in quantità diverse, riusciamo a incontrare tutti i gusti. Il nostro caffè si distingue anche per un packaging colorato che richiama l’arte africana: proponiamo caffè in cialde, in capsule, in grani e macinato. E credo che queste ultime due tipologie saranno le più vendute in futuro…”
Perché?
“Sento dai clienti un desiderio di tornare alla ritualità del caffè: sia per ragioni ecologiche che di qualità e di condivisione. Gli appassionati sono sempre di più, e per loro il contatto diretto con il caffè e con il suo profumo è una componente fondamentale.”
A quali clienti vi rivolgete?
“Ci rivolgiamo sia a clienti privati sia a clienti aziendali. Riforniamo oltre 300 aziende e abbiamo l’obiettivo di diventare l’azienda leader in Ticino nella vendita di caffè Fair Trade di qualità per uffici, ai quali forniamo macchine, caffè e manutenzione.”
Quali progetti avete per il futuro?
“Le idee non mancano: in generale, l’obiettivo è controllare sempre di più la filiera, per essere sicuri che tutte le fasi di produzione e vendita del nostro caffè avvengano in modo giusto e sostenibile. Per farlo, porteremo a breve il processo di tostatura direttamente in Ticino, mentre la sfida più grande che stiamo per intraprendere è quella del coinvolgimento di una Fondazione che lavora con persone disabili nella tostatura e nel confezionamento del caffè. Questo darebbe ulteriore valore aggiunto al nostro progetto, e mi renderebbe ancora più orgoglioso della scelta che ho fatto quasi 10 anni fa.”