Arte, tecnologia e intelligenza artificiale. Argomenti all’apparenza lontani ma accomunati da un’unica grande spinta: il cambiamento. Ne parliamo con Gianvirgilio Cugini.
Gianvirgilio Cugini
Avvocato e Commercialista, componente di Consigli di Amministrazione di società in Asia, USA e Svizzera consulente di Istituti Bancari e Fondi di Investimento, è tra i fondatori della Fondazione Lombarda Affidamenti. Nel corso degli ultimi anni ha seguito società attive nel campo dell’intelligenza artificiale, che utilizzano la tecnologia blockchain, e che hanno emesso cryptovalute. Relatore all’Olivetti Day 2019 Sul tema Intelligenza Artificiale ed Etica.
Cambiare vuol dire mettersi in gioco, vuol dire essere disposti ad abbandonare convinzioni e pregiudizi per essere aperti a nuove influenze. Cambiare è anche evolversi, e attorno al concetto di “evoluzione” ruota la figura di Gianvirgilio Cugini.
La premessa doverosa - e non autorizzata - è che per descrivere le attività di cui si occupa e le sue passioni non basterebbero tutte le pagine di questo Wanderful. Ma a noi piacciono le sfide.
Andiamo con ordine.
Gianvirgilio Cugini è un avvocato iscritto all’Ordine in Ticino e a Brescia e membro dell’Ordine dei Commercialisti in Ticino. Fondatore della Compagnia Fiduciaria Lombarda
Spa e di Helvetia Trust Company Sagl, è anche fondatore della Fondazione Lombarda Affidamenti, ente nato con lo scopo di aiutare i più deboli.
E poi ancora Insegnante all’Università Bocconi, membro dell’International Fiscal Association ed esperto in materia di Artificial Intelligence.
E l’arte? C’è. E per fortuna si vede.
Stelva Artist in Residence è un programma che nasce con l’obiettivo di portare in Europa artisti internazionali per arricchirne l’approccio all’arte con spunti originali e contaminazioni culturali. Promotrice dell’iniziativa è Stelva - Studio Elvetico Associato - di cui Gianvirgilio Cugini è socio fondatore e coordinatore.
Tante passioni, tanti interessi ma un punto fermo, da cui vorremmo partire con questa intervista: l’amore per l’arte. Artist in Residence è un piccolo capolavoro che lei, tramite Stelva, porta avanti con ammirevole impegno. Ma cos’è l’arte per lei?
Un’occasione di incontro. Molto spesso viviamo in piccoli mondi chiusi attraverso cui non filtra niente e questo ci rende limitati, poco liberi. L’arte è invece il vero motore che può aiutarci a capire l’uomo, la sua vita, la sua posizione nel mondo, le sue aspirazioni. È un modo per avvicinarci finalmente a noi stessi, o per farlo forse davvero per la prima volta. Non bisogna mai aver paura di mettersi in gioco.
C’è una personalità che negli anni l’ha particolarmente ispirata nel suo percorso di avvicinamento al progetto Stelva Artist in Residence?
L’Arte da sempre è anche il motore dell’innovazione in tutti i campi: un esempio illustre è Michelangelo che ha sempre affermato come le sue innovazioni derivassero dalla sua attitudine alla pittura e dall’utilizzo dell’immaginazione artistica applicata al disegno.
Inventava grazie alla sua immaginazione di artista e questo credo che sia un concetto di cui dovremmo riappropriarci per sviluppare in modo creativo le nostre aziende e le nostre attività. L’arte è come un dispositivo che attiva l’intelligenza emotiva necessaria alla trasformazione e all’innovazione delle relazioni e dei processi, da quelli sociali a quelli produttivi, da quelli economici a quelli educativi e ancora politici. Ha avuto anche un ruolo fondamentale nel costruire comunità, come le famose città Italiane nate nel Rinascimento per mano di artisti e che ancora oggi definiamo Città d’Arte.
Tra i progetti che Stelva ha promosso in questi anni vorremmo partire dall’ultimo, Africa Now. Un progetto molto affascinante che parte da lontano.
Decisamente. È partito per la precisione 4 anni fa e vede finalmente oggi la luce. Africa Now è una mostra inaugurata il 15 novembre e che andrà avanti fino al 6 gennaio 2020. Si trova al MO.CA, il Centro per le nuove culture di Brescia, città e territorio a cui sono molto legato e provincia più industrializzata d’Europa, prima di Bergamo e di Wolfsburg, sede della Volkswagen. In questa mostra ci sono le opere di alcuni dei più importanti artisti africani contemporanei, persone che hanno vissuto esperienze per noi inimmaginabili, che son riuscite a trasferire le proprie emozioni - chi sulla tela, chi sulla materia, chi su pellicola - in modo vivido fino a farle arrivare a noi.
Qual è la motivazione principale che vi ha spinto a organizzare questa mostra?
Sondare l’arte contemporanea africana è per noi, oggi, una urgente necessità per stimolarci a vedere un continente tanto grande e variegato senza limitarci a un rapporto filtrato dai mass-media e dalle immagini televisive. Superare le nostre presunzioni, questo il primo obiettivo.
Gli artisti che vedranno esposti i propri lavori sono 22. Tra questi, ci sono delle opere a cui è particolarmente affezionato?
Ho un’opera preferita, che credo sia la più emblematica della mostra. È quella di Pieter Hugo: una foto scattata a Lagos, Nigeria, che rappresenta secondo me molto bene il pregiudizio con cui spesso filtriamo la realtà. L’opera raffigura all’apparenza tre loschi figuri accompagnati da tre iene, tenute al guinzaglio con grosse catene d’acciaio. Vi invito a guardare più attentamente la foto. Quelli che sembrano dei criminali pronti ad aggredirvi in realtà sono… saltimbanchi! Le iene sono addomesticate e in atteggiamento remissivo, gli uomini indossano gonne colorate e sullo sfondo si intravede la Security Patrol, la polizia nigeriana. A volte basta fermarsi un attimo, liberare la testa e aprire gli occhi per non prendere enormi abbagli.
Nato a Johannesburg nel 1976, Pieter Hugo è un fotografo autodidatta dal taglio netto, quasi grafico, che si muove lungo la linea di confine tra reportage giornalistico e arte contemporanea.
A proposito di “Aprire gli occhi” c’è un’opera di incredibile impatto: quella di Ghizlane Sahili, che raffigura un cuore costruito con bottiglie di plastica tagliate.
Di grande impatto perché sottolinea un’urgenza attuale. Tornando al tema dell’intervista, cambiare il modo in cui ci rapportiamo al nostro pianeta diventa ogni giorno più stringente. L’opera non è però solo di denuncia: il cuore creato dalle bottiglie di plastica rappresenta la forza creatrice della Natura, un cuore che batte forte ancora e nonostante tutto.
Nata in Marocco e formatasi come architetto a Parigi, Ghizlane Sahli realizza opere utilizzando tra loro materiali molto differenti - come filati di seta e plastiche di risulta - con l’obiettivo di esplorare il difficile rapporto tra Uomo e ambiente, sottolineando allo stesso tempo l’inesauribile forza creatrice della Natura.
Stelva Artist in Residence però non è “solo” questo. Oltre a organizzare mostre di artisti affermati ha come obiettivo quello di fare un passo in più.
Vero. L’avventura con Artist in Residence è iniziata circa 6 anni fa con Ruben Pang, un artista che vive nella multi-culturale Singapore ma che rifiuta questa categorizzazione in base a meri criteri geografici e socio-politici. E di fatto con lui è nata l’idea di Artist in Residence: ospitare un artista affermato in una casa che si affaccia direttamente sul Lago di Garda, a Desenzano - mio paese d’origine -, per consentirgli di riflettere sulla propria arte e impreziosirla con le contaminazioni che poli vibranti come Milano e Venezia possono dargli.
Vincitore della prestigiosa borsa di studio Georgette Chen, del Winston Oh Travelogue Award e finalista nel 2010 e 2011 del Sovereign Asian Art Prize, Ruben Pang è un giovane artista la cui arte si propone di combattere il luogo comune secondo cui gli artisti non sarebbero individui ma solo il prodotto delle influenze socio-politiche del luogo in cui si trovano.
Cambiamento come arricchimento, come apertura verso il nuovo e, perchè no?, come innovazione. Perché le sue passioni e le sue attività sono tutte legate da un sottile - ma coerente - fil rouge.
Credo che esplorare strade alternative sia la chiave per trovare nuove soluzioni a vecchi problemi. Un tema molto sentito nell’attuale mondo digitale è la tutela dei diritti immateriali.
Con l’idea di proteggere il catalogo e le opere che abbiamo raccolto per la mostra Africa Now, per la prima volta un catalogo d’arte verrà digitalizzato tramite Blockchain attraverso la piattaforma creata dalla società svizzera Fidelity House Chain, con cui collaboriamo fin dalla sua fondazione, nel giugno 2018. Partendo da questa esigenza “artistica” abbiamo così iniziato ad utilizzare questa tecnologia rivoluzionaria per assicurare la data certa agli atti legali che realizziamo in Studio.
Arte e Blockchain? Due mondi che difficilmente pensavamo potessero incontrarsi.
Semplificando e sintetizzando, la Blockchain è un metodo digitale per registrare e assicurare transazioni, contratti e informazioni. In un’epoca in cui è sempre più difficile proteggere la proprietà intellettuale, l’esigenza di tutelare chi con i suoi prodotti immateriali ci vive è sembrata da subito molto forte. Con Fidelity House Chain è possibile registrare un’opera d’arte in pochi secondi, verificare se c’è stato un plagio e procedere eventualmente con le dovute azioni legali. Un quadro, un racconto, una foto, una canzone devono essere trattati esattamente come fossero degli oggetti materiali: è fondamentale per garantire ancora una produzione creativa di qualità.
L’intelligenza dell’Uomo è certamente un patrimonio da proteggere, ma lei è anche un esperto di Intelligenza Artificiale. Il 14 novembre è stato ospite all’Adriano Olivetti Day 2019, un evento molto importante che si è tenuto a Brescia e che quest’anno ha avuto come tema centrale il rapporto tra l’Uomo e le nuove tecnologie.
È stato per me un onore parlare di fronte a una platea così ben nutrita e numerosa. Il mio Speech ha riguardato la difficile relazione tra Artificial Intelligence ed Etica: un tema a cui si pensa poco perché si preferisce perdersi in voli pindarici sui possibili campi d’applicazione piuttosto che pensare alle implicazioni meno piacevoli per l’Uomo. Per questo abbiamo lanciato in quella sede un’iniziativa che abbiamo chiamato Artificial Intelligence Help: un contenitore digitale per raccogliere domande e violazioni dell’intelligenza artificiale di principi etici, definiti e da definire, contribuendo a un suo futuro utilizzo antropocentrico.
L’Uomo al centro della propria rivoluzione quindi, il punto fermo di questo continuo processo evolutivo. Un’ultima domanda: ha un desiderio per il 2020?
Abbiamo parlato prima di Africa Now, visitabile a Brescia fino al 6 gennaio. Il desiderio è riuscire a portare la mostra anche in Ticino. Per me l’arte è condivisione pura, è occasione di arricchimento collettivo. Faccio anzi un appello: se ci fossero imprenditori o società che volessero abbracciare con me questa filosofia non potrei che essere contento e sono sicuro che il territorio ne beneficerebbe tanto.