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Francesca Moretti20 gen 202011 min read

B Corp, B Leader. B Good

Planet, People, Profits: quello che si sta affermando sempre di più oggi è un Business Model diverso, che al profitto associa benessere sociale e ambientale.

 

Giovanni Facchinetti
Appassionato di sostenibilità e International Business Development, Giovanni Facchinetti ha lavorato per 20 anni in settori molto competitivi come il Fast Moving Consumer
Goods e il Lusso, ricoprendo ruoli centrali in aziende di primo piano quali Nestlè e Bulgari. Fondatore e Managing Director di B4B Consulting e B Leader certificato, Giovanni aiuta oggi le imprese a sviluppare e implementare una solida strategia orientata alla sostenibilità basata sulla “Triple Bottom Line: Planet, People, Profits”.


 

Cambiano i tempi, cambiano le priorità e cambiano i paradigmi di Business. L’economia lineare sta piano piano cedendo il passo a quella circolare, basata sulla rigenerazione delle risorse e sulla riduzione drastica degli scarti.

Ci sono aziende che questo percorso virtuoso l’hanno appena iniziato, altre che su questo approccio hanno costruito il proprio Business Model. Iniziamo dalle prime.

Nell’editoriale e in altri articoli di questo numero del Wanderful abbiamo già accennato alle B Corp: è arrivato il momento di approfondire cosa sono, come nascono e quale obiettivo perseguono. Per farlo abbiamo chiesto l’aiuto di Giovanni Facchinetti, B Leader Advisor per B Lab Svizzera e fondatore di B4B, azienda che supporta gli imprenditori a sviluppare e implementare strategie basate sulla sostenibilità: “Quella di non badare più soltanto al mero profitto ma anche al modo in cui lo si raggiunge”, spiega, “è un’esigenza che sempre più aziende sentono, giorno dopo giorno: il nostro compito è quello di favorire il più possibile questo passaggio e aumentare la consapevolezza dell’importanza di imboccare la strada di un’economia rigenerativa, inclusiva e responsabile”.

In concreto, che cosa sono le B Corp e qual è l’iter che devono compiere per ottenere tale certificazione?

Le organizzazioni certificate B Corp sono aziende che hanno lavorato a un processo di ottimizzazione delle performance sociali e ambientali che ha inizio con un questionario di 200 domande, il B Impact Assessment. Questo test include 5 aspetti: la Governance aziendale, la gestione del capitale umano, gli impatti sulla comunità e sull’ambiente, l’impatto del Business Model e la qualità dei prodotti o servizi offerti. Ottenendo un minimo di 80 punti si potrà richiedere la certificazione B Corp. L’assegnazione avverrà una volta prodotta e verificata tutta la documentazione necessaria attraverso un Audit rigoroso.

Qual è l’ente che procede alla verifica delle richieste e al rilascio degli attestati?

Il ruolo centrale in questo processo è ricoperto da B Lab, un organismo che ha “filiali” in 70 paesi del mondo ed è attualmente molto forte negli Stati Uniti, in Europa, in Canada e in America Latina. Proprio il Sud America è l’esempio migliore per provare a spiegare il cambiamento in atto: la gestione disastrosa di un modello di Business insostenibile, piramidale, esclusivo ed escludente ha portato a una nuova classe dirigente molto giovane e molto attenta anche ad altri aspetti che non siano strettamente legati al guadagno. Ed avendo vissuto in quei luoghi per molti anni non posso che esserne contento e orgoglioso.

Quindi l’attenzione alla sostenibilità può anche essere considerata come la reazione a un modello di Business divenuto ormai obsoleto. Jay Coen Gilbert, Co-Founder di B Lab, sostiene che i tempi siano finalmente maturi per un passaggio dal sistema capitalistico 1.0 incentrato sul primato degli Shareholder (azionisti) a quello 2.0 orientato agli Stakeholder, ossia a tutti i gruppi che vengono toccati - in modo diretto o indiretto - dalle attività di un’azienda: fornitori, consumatori, comunità, investitori, collaboratori, e via dicendo.

Prima di tutto partirei da una considerazione: l’uomo cambia solo quando l’obiettivo che ha davanti è così irresistibile da stimolarlo a innovare, o il dolore che prova nella situazione in cui si trova é così forte da esser costretto a considerare altre soluzioni. Noi ci troviamo esattamente a metà di questi stimoli contrastanti: da un lato abbiamo intuito che ci sono possibilità inesplorate molto interessanti, dall’altro ci siamo rassegnati al fatto che questo Business Model non durerà per sempre, e anzi ha iniziato il suo processo di autodistruzione. Nel mondo VUCA (Volatile, Uncertain, Complex, Ambiguous) in cui ci troviamo oggi le aziende devono prevedere il futuro per poter fare un buon Risk Management, e il cambiamento climatico di rischi ne comporta molti. Si pensi alle imprese attive nel Food o nelle assicurazioni: per loro trovare una soluzione al cambiamento climatico è fondamentale. Cosa farebbero Nespresso o Starbucks se fenomeni climatici avversi danneggiassero le coltivazioni di caffè? Come si comporterebbero le grandi compagnie assicurative se metà degli immobili di Miami si trovassero inondati? Questo è il senso del passaggio da Shareholder Capitalism a Stakeholder Capitalism: un sistema in cui benessere e progresso aziendale si fondono con benessere e progresso sociale e ambientale.

E anche il mondo dell’impresa pare abbia iniziato a percepire questa forza proveniente dal basso.

Gli imprenditori se ne sono accorti eccome e stanno correndo ai ripari. Grazie anche ai Social Media, le aziende sono ormai sottoposte a un controllo molto scrupoloso da parte degli utenti di internet che non mancano di scatenarsi contro quelle che continuano imperterrite a perseguire esclusivamente la logica del profitto a tutti i costi o a fare del Greenwashing. Tutte le aziende oggi devono ottenere dalla società la “License to Operate”, ossia il benestare dell’opinione pubblica. Senza l’approvazione sociale, le attività rischiano di subire gravi danni: le multinazionali che fino a oggi sono state le maggiori produttrici di plastica stanno cambiando il loro Business Model. Lo fanno perchè sanno di non avere alternative: la pressione che proviene dai Social Media e i rischi insiti in un modello che non prende in considerazione la circolarità sono troppo alti per non correre ai ripari. Ma per farlo ci vogliono il tempo e la volontà di cambiare, e questa volontà la vediamo sempre di più.

Guardando un po’ più in casa nostra, la Svizzera come ha deciso di approcciare il tema delle B Corp?

Siamo uno dei paesi più attivi, insieme a UK, Irlanda e Olanda, tanto da aver attivato anche il progetto B Leader - di cui sono orgoglioso di far parte - per assistere le aziende che hanno deciso di intraprendere questo percorso virtuoso. Mentre la Svizzera Tedesca ha dato da poco una decisa accelerata, il Cantone Ginevra ha già dimostrato grande interesse. “Best for Geneva” è infatti un progetto partito l’anno scorso che mette concretamente a disposizione di tali aziende dei Tools e degli esperti che le aiutino a misurare le loro performance di sostenibilità e a migliorarle. Il progetto ha avuto subito un grande successo, tanto che sta per estendersi a tutto il Paese con il nome “Triple Impact Switzerland”. Planet, People, Profits: la strada, si spera, è tracciata.

 


 

Chi invece dall’atto della fondazione ha avuto subito molto più di un occhio di riguardo verso le tematiche ambientaliste è Helsinn, realtà che Giovanni Facchinetti conosce molto bene e con cui collabora in qualità di Sustainability Consultant dal 2012, anno del primo rapporto di sostenibilità accreditato dal GRI (Global Reporting Initiative) in Ticino. Player di livello mondiale nel settore farmaceutico specializzato nei farmaci oncologici e di supporto oncologico, il Gruppo ticinese - impegnato a migliorare la qualità della vita dei pazienti malati di cancro - ha sempre fatto della sostenibilità uno dei suoi pilastri.

 

Riccardo Braglia (a sinistra) e Giorgio Calderari (a destra), rispettivamente Group Vice Chairman & CEO e Group General Manager di Helsinn, Gruppo farmaceutico da sempre in prima fila a sostegno della sostenibilità.

 

Una sostenibilità che non riguarda solo la dimensione ambientale ma anche quella umana, come spiega Riccardo Braglia, Helsinn Group Vice Chairman, CEO e figlio del fondatore Gabriele: “La nostra famiglia, e non intendo solo mio padre e me ma anche tutti i dirigenti e collaboratori, ha avuto sempre come obiettivo quello di creare business rimanendo legata ai nostri valori, che sono integrità, rispetto e qualità”. Gli fa eco Giorgio Calderari, Helsinn Group General Manager, Chief Operating Officer e da 10 anni Presidente dell’Associazione Farma Industria Ticino: “Avendo dei principi così forti e solidi è facile capire perché consideriamo la sostenibilità parte del nostro DNA. Lo conferma anche l’obiettivo di includere la crescita sostenibile nel piano strategico aziendale: la responsabilità sociale d’impresa è al centro delle nostre attività quotidiane”.

Una vocazione che quindi parte da molto lontano, quando puntare su temi legati all’ambiente era visto come un azzardo più che come una possibilità.

R. Braglia - Gli imprenditori devono avere il coraggio di rischiare e guardare avanti: noi l’abbiamo fatto puntando su un obiettivo molto sfidante e importante. Già 30 anni fa facevamo attenzione all’ambiente e cercavamo di rendere l’esperienza in Helsinn il più piacevole possibile ai nostri dipendenti con una serie di programmi per la salute e il benessere. Il Gruppo Helsinn vuole essere protagonista di una trasformazione sociale a favore delle persone e dell’ambiente tanto che, nel 2015, abbiamo definito sei aree di lavoro per raggiungere i nostri obiettivi di crescita sostenibile: Our Products, Our People, Our Communities, Our Environment, Acting Responsibly ed Economic Value Creation.
Il profitto quindi non è tutto, ma solo uno dei parametri da considerare.

R. Braglia - Il profitto è importante perché un’azienda ha chiaramente bisogno di risorse per sopravvivere ed essere competitiva. Ma è molto lontano dall’essere tutto. Non spendere oggi su risorse e innovazione vorrebbe dire fermarsi. Il profitto non è un fine ma un mezzo per creare più benessere per tutti: questo è un concetto centrale anche nella scelta di dirigenti e collaboratori.

Pochi giorni fa avete anche presentato il terzo “Quality of Life”, il rapporto sulla sostenibilità che rispetta gli standards della Global Reporting Initiative. Avete considerato di ottenere anche la certificazione B Corp?

R. Braglia - L’abbiamo considerato e non escludiamo di farlo, ma al momento non è una priorità. Intendiamoci: il fatto che ci siano sempre più aziende che hanno a cuore la responsabilità sociale e ambientale non può che essere un segnale positivo. E anzi l’Assessment realizzato da B Lab è molto utile per guidare le imprese verso un approccio più virtuoso, ma non è il nostro caso perché la direzione intrapresa è stata molto chiara fin dai primi giorni dalla fondazione.

G. Calderari - La cosa importante, e credo sia difficile non esser d’accordo, è che un passo verso il rispetto nei confronti del nostro Pianeta lo si faccia, indipendentemente dalla certificazione.

E di passi verso l’ambiente ne avete fatti. Quest’anno Helsinn ha annunciato di aver abbandonato il gasolio in favore del vapore per fornire energia agli impianti.

G. Calderari - L’abbandono del gasolio e l’allacciamento al termodotto di Biasca è un’idea che ci è piaciuta subito. La centrale termica è stata realizzata da NET (Nuova Energia Ticino), un’azienda locale che ci ha coinvolto da subito in modo molto deciso nel progetto. Creare energia attraverso il cippato di legno invece che tramite gasolio ha innumerevoli vantaggi: si puliscono i nostri boschi, diminuendo il rischio di frane e smottamenti, si passa a un vettore energetico decisamente più ecologico e si aiuta un gruppo di imprenditori ticinesi molto volenterosi che hanno avuto un’idea brillante. Grazie al termodotto risparmieremo circa l’80% di emissioni di CO2 per far funzionare i nostri impianti. Lo consideriamo un grande passo per il nostro territorio.

E il territorio ringrazia, come sottolineato durante la presentazione del terzo rapporto sulla sostenibilità dall’Onorevole Christian Vitta, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia. Possiamo considerare “Quality of Life 3” un punto di arrivo?

R. Braglia - Assolutamente no. Ogni rapporto che pubblichiamo è un punto di partenza verso nuovi traguardi da raggiungere. Abbiamo tanti progetti che vogliamo dare alla luce da qui al prossimo “Quality of Life” e alcuni hanno già iniziato a dare i propri frutti. Un esempio è Paperless: abbiamo ridotto il numero di stampanti negli uffici lasciandone una per piano di modo che i collaboratori stampino solo i documenti necessari e solo in bianco e nero. Chi vorrà stampare a colori dovrà forzare l’operazione: meno carta, meno cartucce e meno toner sprecati.

G. Calderari - Poi ancora Less Plastic: anche sul fronte plastica non siamo certamente rimasti fermi. Sia per quanto riguarda il consumo delle bottiglie che a livello industriale ci saranno a breve novità che ci consentiranno di essere ancora più in linea con le direttive in materia di responsabilità ambientale. Infine Mobilità: Helsinn si impegna da parecchi anni a promuovere una mobilità più sostenibile sostenendo diversi progetti per incentivare l’uso di mezzi di trasporto alternativi all’auto personale: il rimborso del 90% dell’abbonamento arcobaleno anche per la prima classe, biciclette elettriche, l’installazione di colonnine di ricarica presso le strutture Helsinn per veicoli elettrici e ibridi, plug-in e car pooling.
Helsinn insomma si conferma in prima linea per la sostenibilità. Un consiglio per gli imprenditori che volessero seguire questo percorso virtuoso?

R. Braglia - Di fare, di lanciarsi, di guardare un po’ più lontano. Si sta creando finalmente un movimento che, partito dal basso, sta facendo sentire la propria voce in modo deciso e sta coinvolgendo un pubblico sempre maggiore. Basti pensare all’iniziativa di Greenpeace, supportata anche da Richard Branson, “30X30 A blueprint for ocean protection” che si propone di proteggere il 30% dei mari entro il 2030. Molti dicono che sia facile per Helsinn fare politiche sostenibili perché è una azienda grossa e strutturata. Sbagliato. Ognuno deve fare quello che può per avere il minor impatto ambientale possibile, spesso è solo questione di volontà e di visione. Il pianeta è uno per tutti.

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Francesca Moretti

Nel ruolo di Marketing & Communication Strategist in Ander Group, Francesca esprime la sua creatività attraverso la ricerca e scrittura di contenuti per ideare campagne, articoli del blog e social media post. La sua laurea in Economia e Marketing viene messa a frutto analizzando risultati e pianificando strategie digitali per la crescita aziendale. Ogni giorno non è uguale all'altro!

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