Intelligenza collettiva, Across Design e sketching: Enrico Maria Fabbri si racconta attraverso le esperienze, gli aneddoti e gli incontri di una carriera dai mille inizi.
Enrico Maria Fabbri
Nato a Torino nel 1962 e formatosi come architetto, Enrico Maria Fabbri ha lavorato presso diversi studi di architettura prima di abbracciare in modo ancora più completo il concetto di design e aprire uno studio con sedi a Lugano e Losanna. Ora il suo approccio è legato all'Across Design e il suo metodo caratterizzato dallo sketching.
“Il mio progetto preferito? Il prossimo”. Così rispondeva Frank Lloyd Wright, uno degli architetti più famosi e influenti del XX secolo, a chiunque gli ponesse questa domanda. E la risposta è tecnicamente perfetta: chiunque si volti con ostinato narcisismo verso il passato riuscirà difficilmente a concepire qualcosa di notevole e originale per il futuro. Quindi la soluzione è mettersi alle spalle il passato e guardare solo avanti? Non proprio.
“Il mio approccio fa tesoro di tutte le esperienze e competenze passate e le usa per rendere un progetto più completo”. Parole e musica di Enrico Maria Fabbri. Il suo metodo, che assomiglia da vicino a una sorta di poetica, l’ha ribattezzato Across Design.
Nascita e sviluppo di un metodo
“La mia carriera può forse valere come definizione concreta di questo concetto: da un parcheggio, al wayfinding per un palazzo, poi packaging e ancora garage e pitwall. L’Across Design è questo: mettere insieme tutte le competenze tecniche, artistiche e fotografiche accumulate in tanti anni di lavoro, per creare un approccio che, tenendo conto di tutte queste influenze diverse, sia in grado di restituire risultati molto più interessanti, coinvolgenti ed efficaci”.
Enrico Maria Fabbri non è un professionista qualsiasi. Lo si nota subito appena si accenna alla sua storia. Nato architetto, con particolare interesse nell’urbanistica, poi art-account e ora space consultant: nella sua lunga e proficua carriera ha attraversato molte fasi, tutte vissute in modo molto intenso e cercando di imparare sempre qualcosa che potesse essere utile nel progetto successivo.
“Se mi chiedessi cosa voglio fare ‘da grande’ penso che mi piacerebbe mettere a frutto questa esperienza nell’affrontare nuovi progetti con un atteggiamento sempre da neofita, raccontando l’architettura e l’urbanistica per rendere più accessibili progetti che non tutti hanno il tempo di capire a fondo”. Perché il design come ogni scienza - o forse arte - concepita dall’uomo non può che essere in continuo divenire, e il percorso che ognuno di noi traccia risponde ai medesimi impulsi.
Il cambiamento come motore della crescita
La letteratura, analogica e digitale, è piena di storie ispirazionali in cui il protagonista viene introdotto in un modo salvo poi scoprirsi tutt’altro. Spesso è il cattivo che diventa buono - ricordate Severus Piton di Harry Potter o il più aristocratico Fitzwilliam Darcy di Orgoglio e Pregiudizio? -, spesso il mutamento è più intimo e quindi meno esibito. Nel caso di Enrico Maria Fabbri il processo di crescita potremmo immaginarlo come un cerchio, che riassume tutte le esperienze vissute, ne ingloba di nuove e anno dopo anno si ingrandisce e acquista spessore.
Verrebbe da chiedersi quale sia stato il driver principale che ha portato un professionista affermato a mettersi continuamente in discussione invece di “godere” dei frutti del proprio - apprezzato - lavoro. Anzi, glielo chiediamo proprio.
“La fortuna, unitamente allo studio e alla competenza, è fondamentale. Ci sono stati dei momenti in cui per puro caso ho conosciuto delle persone che mi hanno aiutato. C’è una scena di Forrest Gump che sintetizza bene questi passaggi: Forrest è in fila, davanti a lui tantissime persone: ‘devi metterti dietro a lui’ suggerisce una voce, ‘sceglie sempre la coda giusta’”.
Fortuna e competenza sono certo due alleati di cui non vorremmo mai fare a meno per raggiungere i nostri obiettivi, ma quante volte ci è capitato di avere un’occasione d’oro e non saperla sfruttare a dovere? Nel novero delle caratteristiche necessarie per arrivare alla vetta dovremmo quindi aggiungere anche tempismo, chiarezza di obiettivi e sicurezza nei propri mezzi. Ancora più sinteticamente? Quando la dea Fortuna bussa alla porta, bisogna essere pronti ad aprirle.
La fortuna bussa sempre una volta, non è detto che lo faccia una seconda
Un breve excursus biografico ci aiuterà allora meglio a comprendere il significato profondo di questo complicato intreccio di abilità. Architetto di formazione, Enrico ha iniziato a collaborare nel 2004 con Maurizio Arrivabene (all’epoca Direttore Marketing Marlboro, ndr.) al progetto della nuova sede Philip Morris a Losanna. Le attività di Marlboro in Formula 1 lo hanno poi condotto a lavorare con Ferrari, fino a quando - nel 2011 - ha vinto una gara a cui partecipavano altri 5 studi di architettura specializzati nel motorsport design molto rinomati e prestigiosi. “All’epoca - era il 2010 - Mercedes aveva disegnato un’isola tecnica centrale per gli ingegneri, in modo da essere più vicini alle macchine e lasciare le pareti libere per gli strumenti”.
L’occasione giusta è arrivata e lui ha risposto, con intelligenza e prontezza. “Oltre all’idea dell’isola centrale e delle pareti inclinate ad aver colpito la commissione è stata l’organizzazione della fase operazionale: la nostra proposta è stata di riprodurre in legno e in scala 1:1 il progetto finale. Trovandosi il capannone vicino alla sede della Ferrari, potevamo accogliere ingegneri e meccanici in modo che potessero vedere, provare ed approvare le parti che gli interessavano di più”.
Esperienze professionali diverse ma anche teste diverse. Ecco delineato un altro aspetto fondamentale dell’Across Design: la capacità di sfruttare l’intelligenza collettiva - con il bagaglio di esperienze portato da ogni singolo membro - per creare qualcosa di bello, di migliore. “Ognuno di noi è dotato di un tipo di un’intelligenza particolare, sia essa razionale, emotiva o comunicativa. Se sei tanto bravo da ascoltare tutti e mettere te stesso in secondo piano, non potrai che produrre qualcosa di qualitativamente più elevato”.
Tanti design, un solo design
Abbiamo parlato dell’approccio al progetto, manca lo strumento principale con cui lo stesso prende forma: lo sketching. Quella di Enrico Maria Fabbri per il disegno non è solo una passione, è il primo mattone su cui poggeranno le fondamenta della casa: “il ruolo dello sketching è per me cruciale: attraverso gli schizzi riesco a dare corpo a un’idea, permettendo anche agli altri di capire subito la direzione del lavoro e di immaginarsi il progetto finito”.
Di definizioni del termine “design” se ne sono sentite a decine. Chi pone l’accento sulla declinazione legata alla progettualità, chi sul disegno in sé e per sé. Enrico Maria Fabbri ne ha una tutta sua, che è un inno alla coerenza rispetto agli elementi che siamo andati delineando nelle righe precedenti. Intelligenze collettive che parlano tra di loro portando sul tavolo tutte le esperienze che hanno vissuto e traducendole in disegni pronti ad acquistare spessore e concretezza.
“Il design è un progetto che nasce dall’ascolto”.
Wanderful Take
Si dice spesso che aver vissuto molte esperienze contribuisca ad avere un bagaglio culturale più ampio e completo e che i professionisti che hanno lavorato in settori diversi siano più duttili e agili. Vero, verissimo. Spesso si ha però l’impressione che questo elogio della “diversità” sia fine a se stesso e che non ci sia un riscontro reale nei fatti. Parlando con Enrico Maria Fabbri abbiamo finalmente avuto la prova che quanto di cui sopra possa essere sfruttato - debba, per essere ancora più precisi - per diventare dei professionisti e persone migliori. Sfruttare ogni esperienza, positiva ma anche negativa, per aumentare il proprio spessore culturale. Ecco cosa abbiamo imparato da questa intervista.